Madre, moglie, designer e creatrice del brand francese Louise Misha, la storia di Marie, nata 35 anni fa a Parigi, esprime appieno la voglia di riscoprire la bellezza delle cose artigianali, autentiche, realizzate con dedizione e cura verso ogni dettaglio. Viaggi in giro per il mondo per esplorare nuove culture, rispetto per l’ambiente, gentilezza, calore, famiglia. In una società dove il consumo è spasmodico, dove il tempo per ascoltarsi e ascoltare è sempre più un dono che poco ci concediamo e a pochi concesso, fa bene al cuore vedere la creatività di una giovane designer sbocciare verso una moda sostenibile, un nuovo umanesimo della creatività dove il rispetto per l’essere umano e l’amore per le tradizioni artigianali sono al centro di tutto.

Marie, da dove nasce la tua passione per il design artigianale?
I miei genitori amavano il teatro e la letteratura quindi sono cresciuta in un ambiente in cui non si respirava la moda ma comunque tanta creatività. Ricordo che fin da bambina ho sempre voluto creare vestiti. Ritagliavo forme di carta, disegnavo su di esse e le legavo insieme. I risultati non erano eccezionali ma questo mi ha permesso di scoprire la mia vocazione. Anche mio nonno, Jean Laude, è stato determinante. Era uno scrittore appassionato di arte africana e sono cresciuta circondata dai pezzi che adorava. Quest’atmosfera mi ha decisamente influenzata. A lui devo il mio gusto per le cose tradizionali e folkloristiche.
Tu e Aurelie avete fondato il brand dopo un viaggio in India. Perché avete fatto questa scelta? Qual’è il significato di Louise Misha?
Tutto iniziò 10 anni fa durante un viaggio. Ci innamorammo dell’India, un paese dove tutto è inaspettato, le emozioni sono forti e la vita è più intensa. Niente è facile ma niente è impossibile. E’ davvero una fonte di continua ispirazione, ovunque tu vada: l’angolo di una strada a Jaipur o Delhi, i dettagli di un sari, l’odore delle spezie nei mercati, i sorrisi dei bambini…. Io e Aurelie decidemmo di unire le nostre ispirazioni per creare una linea di prêt-à-porter e accessori per ragazze giovani e dare vita al marchio Louise Misha, la cui scelta del nasce da una combinazione di quelli delle nostre amate nonne. Sono molto legata alla mia famiglia e alle mie sorelle. Quando sono diventate mamme ho subito pensato a una linea per le loro figlie. Anche da questo desiderio è nato Louise Misha. Oggi Aurelie si sta occupando di altro, sta realizzando nuovi sogni ma il brand continua a crescere e a evolversi. Le collezioni che realizzo sono dedicate a tre fasce di età: le bambine più piccole da 3 ai 24 mesi, poi abbiamo una linea che va dai 3 ai 14 anni e una per donne giovani. Siamo una squadra numerosa ora con 400 rivenditori in tutto il mondo e un vivace negozio on line. Sono davvero felice di lavorare con il favoloso team che si è creato.


Voi definite il vostro Brand dallo stile Bohemien, pieno di poesia. Quali sono gli elementi che ispirano le vostre collezioni?
Ogni collezione è un invito a una nuova destinazione. Viaggio tanto e ovviamente i vestiti che disegno sono ispirati da quello che scopro. Come ti dicevo ho una grande passione per le tradizioni locali, l’artigianato e il folklore. Dal mio punto di vista le tendenze della moda sono spesso prive di significato. Quando inizio a lavorare su una nuova collezione voglio sempre raccontare una storia, un viaggio. Sono molto personali, intime. Ad esempio, lo scorso inverno, sono stata in Guadalupa, nei Caraibi francesi. Quando sono tornata in Francia ho subito capito che avrei disegnato una collezione sui Caraibi che abbiamo poi lanciato per questa primavera estate. La vegetazione, i frutti e la luce dell’isola mi hanno particolarmente affascinata!
Voi producete in India, Marocco, Francia, Italia, Cina tutti pezzi unici fatti a mano. Che ruolo ha secondo te l’artigianato in questo periodo storico?
Ogni pezzo deve essere fatto con amore, rispetto e qualità. Noi selezioniamo i nostri partner in base alle loro competenze in qualsiasi paese o continente, per garantire un alto livello di
qualità e cura. Partecipando allo sviluppo locale di ogni paese in cui collaboriamo, monitoriamo le condizioni di lavoro in tutti gli atelier e manteniamo uno stretto rapporto con loro. La gentilezza è qualcosa di centrale per me e per il marchio: guida ogni decisione, scelta, azione e, a sua volta, ogni creazione. In Cina lavoriamo con diversi laboratori ognuno con una specialità diversa come la seta e il ricamo. Il nostro laboratorio principale è un laboratorio di famiglia gestito da un mio amico. Sono piccoli luoghi a dimensione umana, di solito su un piano e, a seconda del periodo dell’anno, possono arrivare a 40/50 persone. In India lavoriamo con un’azienda a conduzione familiare esperta in dettagli fatti a mano e lavori in cotone. I lavoratori sono uomini e donne e ognuno di loro ha la sua specialità, dalla
creazione di modelli al lavoro con i ricami e le incredibili stampe a blocchi. In Marocco invece abbiamo degli artigiani che ricevono il materiale e lo lavorano da casa, con il loro ritmo. Ciò
consente alle persone che vivono nei villaggi più piccoli di esercitare il loro mestiere vicino alla famiglia.


Qual’è il ciclo di vita di una collezione?
Una volta stabilito il tema, avvio la ricerca insieme al team di progettazione: culture, colori, modelli, storia. Da questo i primi schizzi prendono forma. Quindi inizio ad acquistare le materie prime. Di solito vado in India o in Marocco dove ci sono mercati con tessuti molto belli, con varietà di colori e modelli. Una volta che gli schizzi sono stati definiti, inviamo le istruzioni ai workshop con cui collaboriamo che iniziano a produrre i primi campioni. Io e la mia squadra li andiamo sempre a visitare per assicurarci che tutto sia sotto controllo. Dopo aver ricevuto i campioni apportiamo le modifiche necessarie prima di metterle in produzione. Attribuiamo grande importanza al feedback dei nostri clienti e lavoriamo a stretto contatto con loro per sapere di più su ciò che funziona e cosa no, e su come possiamo migliorare un tessuto, una vestibilità e il tipo di abbigliamento che preferiscono. Questo ci consente di migliorare le collezioni nel corso delle stagioni.


Quali sono i vostri progetti per il futuro?
Sono legati a un problema chiave oggi per l’industria della moda e che dobbiamo affrontare vista la nostra crescita: cercare di produrre in modo più ecologico e con meno impatto. Non è un percorso facile in questo momento, specialmente per le aziende più piccole come noi ma è qualcosa che ci sta a cuore. Uno dei grandi progetti che puntiamo di sviluppare ad esempio durante la prossima stagione estiva è di lavorare con imballaggi più ecologici per il trasporto e lo stoccaggio. Un altro è quello di essere in grado di reperire materiale più ecologico come il cotone organico e integrarlo nella collezione. Ci piace anche il fatto che i nostri vestiti siano qualcosa con cui le bambine possano crescere, non solo qualcosa da tenere per una stagione.
Che libro stai leggendo in questo momento?
Ho appena finito il libro “Petit Pays” di Gael Faye. A volte è stato straziante, ma è stato molto interessante capire meglio cosa accadde in Ruanda e in Burundi solo pochi anni fa. La storia e l’indifferenza del bambino sono particolarmente commoventi. La nonchalance dell’infanzia è meravigliosamente descritta.


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