La nuova rubrica Women in Politics
“Il cibo ti apre il cuore, soprattutto quando cucini per gli altri” ci racconta sorridente mentre gusta il suo piatto vegano a base di legumi. È palpabile e soprattutto contagiosa l’energia giovanile che emana e che le illumina il volto in modo vispo e gioioso. “La mia mamma era bravissima a cucinarli – rievoca addolcendosi – Ricordo ancora come. C’è una sorta di atto d’amore quando ne sento il sapore e l’odore perché mi riconnettono a lei”. Con una risata che contagia fino a migliaia di chilometri e oltre diffondendo buon umore e allegria, Maria Grazia Baruffaldi , ex Sindaco di Castenaso in Provincia di Bologna dal 1999 al 2009 e in seguito Presidente della Commissione ambiente, ci racconta del lavoro da insegnante, sua grande vocazione, dell’impegno in politica, quella fatta con autenticità e sincera dedizione per il bene degli altri e del territorio, del suo coraggio nell’intraprendere azioni lungimiranti per la salvaguardia dell’ambiente quando ancora su questo tema c’era poca attenzione, e della sua nuova avventura legata ai viaggi, nata dal desiderio di scoprire luoghi lontani, pieni di meraviglie, di culture che rivitalizzano dal profondo, che aprono la mente come le incantevoli Isole Cook di cui presto ci racconterà in uno speciale Lifestyle proprio in esclusiva per Bloom as you are. Ma prima gustiamoci l’intervista che insieme a Barbara Fava abbiamo fatto a questa donna davvero speciale, una donna la cui sensibilità, cultura e professionalità lasciano un segno in chiunque la incontri.
La memoria visiva, olfattiva e anche gustativa legata al cibo ci riporta a ricordi d’infanzia. Ne hai altri che vorresti condividere?
Così come i legumi mi ricordano l’amore verso mia madre, quando vado a teatro penso a mio padre. Lui mi ha trasmesso la passione per la musica e l’opera lirica. Quando assistevamo a uno spettacolo si commuoveva sempre e io lo facevo arrabbiare dicendogli “Ma cosa fai?”. Ora sono uguale a lui. Appena sento Čajkovskij mi viene il magone, un’emozione fortissima. Penso che attraverso le cose che fai e che sono appartenute alla tua famiglia puoi sentire un aggancio alle tue radici, a tuo padre, tua madre, tua sorella…Era un espediente che usavo anche con i miei studenti quello di rievocare ricordi per scrivere. Magari davo da leggere qualcosa, in questo caso Proust, e poi li invitavo a fare la stessa cosa su sé stessi. Si ricordavano i capelli rossi di una certa maestra, il profumo che aveva una certa dada e quindi lavoravano moltissimo e senza fatica sul testo che gli chiedevo di elaborare.
Quando ti sei avvicinata all’insegnamento?
Ho iniziato al Liceo Scientifico Fermi di Bologna come professoressa di Lettere. Tutto accadde durante una sostituzione. In quei mesi scoprii che l’insegnamento era la mia vocazione, mi innamorai di questo lavoro. La lettura dei giornali, la scelta oculata dei testi letterari sono stati il mio “grimaldello”. I quotidiani e le riviste offrivano molti spunti sui temi ambientali. Un pallino che ho sempre avuto e che ho cercato di trasmettere anche a loro è la salvaguardia della biodiversità. Tu devi preservare tutto. Il rospo, la rana, tutto. Persino le zanzare che ci danno tanto fastidio hanno un loro perché. Ci confrontavamo molto sui cibi che mangiavamo, sui rifiuti e sulla necessità della raccolta differenziata per favorire il loro riciclo, sul nostro modo di muoverci se a piedi, in bici, moto… Capivamo che non possiamo tirarci indietro, che anche noi possiamo contribuire ad avere un mondo diverso.
Immagino non sia stata una scelta facile poi lasciare l’insegnamento per dedicarti solo alla politica.
La mia grande passione rimaneva la scuola. Quando mi proposero di candidarmi come Sindaca stavo lavorando come professoressa di ruolo all’Istituto Aldini Valeriani, una scuola meravigliosa da cui uscivano giovani molto preparati pronti per lavorare in posti di rilievo. Davanti a quella proposta sapevo che se avessi accettato non avrei più potuto insegnare allo stesso modo. Sapevo che era un impegno che avrebbe richiesto tutto il mio tempo. Mio figlio, allora adolescente, mi disse: “Mamma, ma scherzi? Una donna di cultura come te Sindaco? Devi accettare”. Ma vi rendete conto? All’epoca frequentava il Liceo. A quel punto scrissi una lettera a ogni mio studente per scusarmi. Questa mia decisione ai loro occhi poteva sembrare un tradimento, un abbandono ma spiegai loro che non potevo essere l’insegnante di prima e al contempo un Sindaco che si occupasse davvero del suo Comune. Se vuoi dedicarti a questo devi stare lì, parlare con le persone, vivere il territorio. Anche il Preside di allora, il professor Giovanni Sedioli, persona di grandissima sensibilità e uomo meraviglioso, mi incoraggiò ad accettare. Presi quindi l’aspettativa e diventai Sindaco per due mandati dal 1999 al 2009. Dopo iniziò l’avventura in Provincia.
Il tuo impegno sui temi ambientali in che modo si è concretizzato durante la tua esperienza in politica?
Come Sindaca mi sono molto impegnata sul tema dello sviluppo sostenibile: attraverso scelte urbanistiche che contenessero il consumo di suolo, attraverso la realizzazione di piste ciclabili e di parchi, l’ampliamento dei servizi scolastici, la sensibilizzazione e l’ampliamento della raccolta differenziata, la diffusione dei pannelli fotovoltaici su edifici civili e industriali e il sostegno agli agricoltori per creare energia elettrica da biomasse vegetali e animali. Il nostro intento inoltre era preservare il territorio affinché potesse essere letto storicamente. È eccezionale quello che puoi realizzare. Quando per esempio recuperi una casa colonica non devi cancellarne la traccia storica poiché deve essere leggibile quello che era. Così come nelle campagne deve rimanere leggibile il reticolato romano con il mantenimento delle cavedagne o la tradizionale struttura dei campi con i filari dove l’olmo si maritava alla vigna. Mi piaceva dire impariamo a leggere l’invisibile. Sempre nel mandato da Sindaca abbiamo realizzato il museo Villanoviano. Ci ho creduto tantissimo, per me è stato fondamentale realizzarlo. Devi riuscire a vedere i cambiamenti ma senza cancellare ciò che è stato. Questo deve essere il principio forte, fortissimo che sta alla base di tutto.
In seguito come Commissione Ambiente in Provincia abbiamo lavorato moltissimo per continuare a valorizzare questi temi. Ricordo una visita interessantissima ad un allevamento di asini, sul nostro Appennino, realizzato nella logica di mantenere e accrescere la biodiversità, anche attraverso l’attenzione verso animali quasi entrati in disuso, ma ricchi di qualità per arricchire la nostra terra. Anche nel settore agricolo abbiamo fatto interessanti riflessioni andando a scoprire il Pomario di Villa Smeraldi un luogo che raccoglie antiche piante da frutto, oltre 150 varietà. Le piante sono di fatto una fonte di geni a cui attingere per recuperare caratteristiche e qualità oggi scomparse. Sono frutti che esprimono sapori e profumi che non si sentono negli acquisti fatti al supermercato.
Qual è l’elemento storico più caratteristico tutt’ora presente in Emilia Romagna?
Questa è stata una regione importantissima per la canapa, la produzione fino a dopo la seconda guerra mondiale era seconda al mondo, dopo la Russia. Nel mio territorio la canapa ha avuto un ruolo centrale, quindi sicuramente un aspetto che abbiamo cercato di conservare sono i maceri, piccoli specchi d’acqua necessari per la sua lavorazione. Erano principalmente privati ma venivano messi a disposizione nel periodo di agosto anche per altre famiglie. Servivano infatti per macerare la canapa dalla quale si ricavavano sia corde, quando era più scadente, che lenzuola e tovaglie quando era più pregiata, ma soprattutto vele, che hanno contribuito al suo sviluppo durante la navigazione prima dei battelli a vapore. La lavorazione era molto faticosa. La pianta di canapa arrivata ai 4 o 5 metri di altezza. Veniva tagliata, impilata, portata al macero, essiccata poi sottoposta a gramolatura, per ricavarne la fibra da filare. Nonostante fosse impegnativo era un lavoro, una tradizione che avvicinava molto le persone. C’era una forte componente di collaborazione ed era bellissimo. Adesso nella nostra società abbiamo perso molto questa predisposizione a fare insieme, a sostenerci.
Cos’è successo secondo te? Come mai siamo arrivati a questo?
Ora c’è dualismo e contrapposizione. È successo che ci siamo incancreniti su delle posizioni che non ammettono che possa esserci qualcosa di diverso, che tu non possa parlare con chi ha un’idea diversa dalla tua se non per cancellarla. Guarda adesso sulla guerra in atto, non si accetta la complessità della situazione. Dualismo e ancora dualismo. Non puoi ragionare. Se tu non sei con me sei contro di me. È scattata questa visione. Non ci si mette più in discussione.
Come possiamo fare affinché le persone si rinnamorino della politica?
Faccio fatica a rispondere perché io sono andata via. Ho capito che non riuscivo più a trovarmi in questo atteggiamento dove i personalismi erano più importanti delle cose che devi fare. La visione te la crei quando discuti. Penso che l’unica soluzione sia che emergano persone oneste che vogliano davvero fare politica per il bene comune.
Che consiglio daresti alle giovani che vorrebbero intraprendere una carriera politica?
Di essere umili e imparare ad ascoltare, poi studiare, studiare, studiare. Senza avere fretta percorrere la lunga strada che richiede responsabilità, onestà e alto senso della collettività.
Tu ora hai quindi deciso di viaggiare. Cosa rappresenta per te il viaggio?
Sì. Per me è un modo meraviglioso per non avere pregiudizi, per aprire la mente, per capire l’importanza della tua cultura e di quella degli altri. Per esempio ho visitato l’Isola di Rarotonga la più grande delle isole Cook. Su 10.000 abitanti ci sono 21 chiese. Ma non chiese della stessa religione, 21 chiese di diverse religioni. Il clima è stupendo e le persone vanno in giro sui motorini con la corona di fiori in testa. E’ un posto delizioso. Pensa che il carcere non ha il cancello!!!
Che altri luoghi hai visitato che ti hanno particolarmente colpita?
Sono stata in Nuova Caledonia, in Vietnam, in Giappone… Ogni Paese ha qualcosa da dare, purché non si abbiano pregiudizi e invece prevalga la curiosità di conoscere.
Quant’è sostenibile il tuo stile di vita?
Oggi ho uno stile di vita molto preciso: acquisto alimenti a Km zero, con lo scopo di favorire la produzione locale, ma anche per contribuire a ridurre l’impatto sull’ambiente con prodotti che “non viaggiano”. Sono vegetariana, anche se ogni tanto mi capita di sgarrare. Uso l’automobile (ibrida), solo quando strettamente necessario. Quotidianamente per muovermi uso la bicicletta, anche quando venivo in Provincia usavo la bici e a volte ho preso pure la pioggia. Ogni giorno cammino, mi sono data l’obiettivo minimo di 5/6 km, ma normalmente supero i 10. Ho riscoperto così il piacere di tenermi in forma nel corpo e nella mente. Poi vale tutto ciò di cui abbiamo parlato.
Da professoressa di Lettere, quali sono per te tre libri immancabili?
Salto i classici di cui sono innamorata come Tolstoj, Manzoni e Pirandello… e suggerisco tre libri che ritengo belli e ricchi di spunti:
Idanna Pucci, La signora di Sing Sing (no alla pena di morte), un libro che ripropone un’appassionante vicenda di fine 800 relativa a Maria, un’immigrata italiana in America, che taglia la gola ad un compaesano che l’ha sedotta e abbandonata. Dopo un processo frettoloso viene condannata a morte, ma Cora Slocomb, un’americana sposata ad un friulano, si impegna per convincere la giustizia americana a celebrare un nuovo processo. Di fatto inizia la prima campagna contro la pena capitale. E’ basato su fonti d’epoca e scritto da Idanna Pucci, pronipote di Cora Slocomb.
Elisabetta Rasy, Le disobbedienti dedicato a sette pittrici, diverse per epoca, situazioni e carattere, ma talentuose e desiderose di non conformarsi alle regole del loro tempo.
Brian Moynahan, Sinfonia di Leningrado, un libro che restituisce un quadro magnifico della Leningrado (oggi San Pietroburgo) vessata da Stalin, ridotta alla fame da Hitler e resa eterna dal grande musicista Sostakovic con la settima sinfonia, eseguita per la prima volta il 9 agosto 1942 durante il terribile assedio tedesco iniziato il 14 settembre 1941, dopo rocambolesche vicende per salvare la musica, trovare i musicisti, fare ascoltare la sinfonia sotto i bombardamenti.
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