L’immagine di giovani che tornano a viaggiare liberamente verso paesi per loro sconosciuti, verso esperienze nuove, importanti, che non solo arricchiranno la loro vita ma anche il paese in cui vivranno, fosse per poco o per molto, non deve sembrarci un’utopia in questo momento storico così difficile per tutti ma un obiettivo da continuare a perseguire, un futuro dorato che dopo tanto buio, se tutti ci impegniamo in questa direzione, sorgerà. La primavera, la rinascita, la solarità, il potenziale femminile che Bloom as you are ama raccontare l’ho trovato racchiuso nella storia e nell’arte di una giovane donna che di esperienze cosmopolite ne ha fatte tante così come di crescita interiore, disegnando dentro di sé, nel suo cuore, un’idea di arte inclusiva, sempre più vicina alle persone. Nata a Roma, dove ha vissuto per 5 anni, poi trasferitasi in Lussemburgo con i genitori fino alla maggiore età, Juliette, 23 anni ad oggi, ha studiato a Londra per poi partire per il Brasile dove ha partecipato nel gennaio del 2019 a una residenza artistica intitolata “Arte e magia” svoltasi a Ecovila TERRA UNA, il quartier generale di una ONG, TERRA UNA, che dal 2003 lavora per promuovere e sostenere azioni transdisciplinari volte alla rigenerazione ecologica, alla riprogettazione sociale e allo sviluppo integrale degli esseri umani. Situata vicino alla natura, su un terreno di 48 ettari all’interno dell’APA Serra da Mantiqueira, nel comune di Liberdade, Minas Gerais, un paradiso naturale, Ecovila è un’azienda a conduzione familiare che cerca di integrare alloggi, lavoro, istruzione e tempo libero. L’ecovillaggio si sta consolidando come un centro educativo interdisciplinare per l’integrazione rurale-urbana al fine di diffondere un modello di vita più sostenibile. Juliette mi ha raccontato di questa esperienza, del suo percorso interiore, dell’arte, della sua ricerca legata alla femminilità e di come la sua vita stia meravigliosamente sbocciando.
Come hai scoperto che volevi fare l’artista?
Forse non l’ho mai scoperto in realtà. Diciamo che mi sono molto aperta all’arte in un momento preciso. Avevo 16 anni quando andai a visitare il Giardino dei Tarocchi e vidi le opere di Niki de Saint Phalle. Lei ha raffigurato molto il mondo femminile. Mi ha trasmesso qualcosa di forte e da lì mi sono interessata alla creatività, mi sono messa a dipingere, ad esplorare. Un paio di anni dopo ho deciso di partire per la Central Saint Martins School of Art and Design di Londra, ho fatto un corso preparatorio alla laurea, di un anno, dove ho conosciuto diverse discipline dell’arte e del design.
Sei stata una delle giovani a partecipare nel Gennaio 2019 a una residenza artistica a TERRA UNA in Brasile. Com’è stata questa esperienza?
Era la prima volta che facevo una residenza artistica. Il posto era nella giungla. Cascate d’acqua, grandi montagne con natura selvaggia e isolata dal mondo. Ero interessata a entrare in contatto con tutto questo anche per stimolare il processo creativo, ero sicura che sarebbe stata una bellissima esperienza. La cultura dell’America Latina mi ha sempre molto incuriosita. Quando sono arrivata con gli altri giovani presenti abbiamo dovuto sviluppare il nostro progetto personale sull’arte e la magia, un tema molto ampio e personale. Eravamo un gruppetto di 12 artisti tutti brasiliani, a parte io e una ragazza canadese. Abbiamo conosciuto il vero Brasile stando a contatto diretto con la loro cultura. Quando inizi a creare, a sviluppare un linguaggio per trasmettere la tua arte vedi quanto ti fa crescere, ti nutre. Sono stata lì un mese e durante quel periodo ho realizzato un progetto di performance partecipativa, coinvolgendo i membri dell’ecovillaggio.
In che cosa consisteva l’opera che hai realizzato?
E’ stata la mia seconda vera opera personale. Durante il mio Bachelor Degree a Londra, stavo già iniziando a esplorare il linguaggio al femminile. Cosa significa essere donna per me, come lo vivo, come posso crescere e migliorarmi. Ho fatto una tesi dal titolo “La madre dea nutritiva attraverso il teatro”. E quindi questo tema l’ho integrato anche nella mia pratica artistica e di conseguenza nella mia ricerca in Brasile. Nella performance sviluppata durante la residenza indossavo un costume che si estendeva verso il pubblico con delle corde di lana a cui erano legate delle sculture rappresentati gli “Ovopeito” (Ovo= uovo, peito= seno, dal Portoghese, ndr), ovvero sculture che richiamano e simboleggiano la fertilità della donna. L’esperimento era vedere come ogni partecipante riuscisse a relazionarsi con il corpo femminile e a trovare una sua interpretazione, individuare simboli e metafore in base alla propria esperienza. Nella mia visione l’uovo era legato alla fertilità, rappresentava l’uovo cosmico. Le corde invece erano come cordoni ombelicali che si estendevano. Per i materiali utilizzati ho esplorato ciò che la natura intorno a me poteva offrirmi. Le uova sono state fatte con il gesso e poi ricoperte di terra di tanti colori diversi. Rossa, viola, gialla. Intorno a me c’era l’orto della residenza e mentre le persone mi passavano vicino, mi guardavano, io annaffiavo queste uova legate a me come se dovessero crescere simbolicamente anche loro.
Come reagivano le persone?
All’inizio erano spaesate. Imparare a interagire con il pubblico non è facile. Dopo un po’ si sono sentite libere di toccare gli “Ovopeito”, di abbracciarli, di esplorare questo oggetto creato. Ognuna poteva sentire qualcosa di diverso o non sentire niente. Una signora ad esempio si è commossa. Il corpo femminile è qualcosa di molto forte. Questa tematica, esplorata attraverso l’arte, in generale coinvolge più spesso le donne che gli uomini. Il mio desidero è di arrivare a tutti.
E tu come performer che emozioni hai provato?
Il tema del femminile e il fatto di essere al centro della performance ti mette a nudo. Mi rendo conto che l’essere artista ti spinge a questo costantemente per trasmettere, per toccare l’essenza delle tue emozioni. All’altro arriva quello che tu scopri attraverso questa tua ricerca interiore. Ciò che mi piace della performance partecipativa é che permette di coinvolgere lo spettatore a 360 gradi. Non si ha confini e puoi arrivare a chiunque. A chi non sente, a chi non vede. In questo modo la comunicazione non ha barriere.
Che cosa ti è rimasto dell’aver condiviso la residenza con altri artisti?
I riti fatti insieme sono stati bellissimi. Eravamo in mezzo all’acqua delle cascate e cantavamo. Sono persone amorevoli, a cuore aperto. E’ un tipo di energia e una comunità meravigliosa.
Che ruolo pensi abbia l’arte in questo momento storico?
Di includere le persone il più possibile. Dobbiamo farne un grande uso. Vedo che si sta facendo molta arte applicata in contesti specifici per aiutare persone diversamente abili. Può sostenere, può essere anche catartica e incentiva il fatto di stare insieme. L’arte ha questa forza di raggruppare le persone, di creare intimità e in un mondo sconnesso come il nostro abbiamo bisogno di ritrovare tutto questo.
Quali sono i tuoi momenti di massima creatività?
Quando ho tanta energia e non nei momenti difficili. Sento che è un tema molto legato al fatto di imparare ad amarsi e a capirsi.
Tu senti di essere arrivata a un punto in cui ami te stessa?
Negli anni in cui ho vissuto a Londra ho capito che è importante fare un percorso di crescita personale verso l’amore di se’. Ho iniziato a esplorare la mia spiritualità. Ho sperimentato diverse filosofie, la meditazione buddista, lo yoga. Tutta la scoperta personale fatta grazie alla ricerca spirituale mi ha portata a fare i lavori che sto facendo. In un certo senso penso che creare l’arte e imparare ad amare se stessi possano essere esperienze che crescono di pari passo. L’arte è catartica, ci da accesso alle parti di noi più fragili e ci permette di esprimerle con forza. Lo scatto più grande, nel mio cammino verso l’amore di sè, è iniziato quando ho cominciato a partecipare ai cerchi di donne, luoghi dove le donne si incontrano, stanno insieme per ballare, cantare, meditare in celebrazione del divino femminile, spesso immerse nella natura. Queste esperienze mi hanno molto nutrita, curata, mi hanno liberata da tanti blocchi interiori. Celebrare il divino femminile è celebrare se stesse in quanto donne, e penso che questa sia una potente pratica per l’amore di se. Celebrando il femminile, sono riuscita, almeno per buona parte, ad amare me stessa ed accettarmi per quello che sono. L’arte, l’amore di sè, la femminilità sono per me un tutt’uno. Ciò che ho sperimentato è che abbracciando l’energia del sacro femminile, in quanto donne, si ha accesso ad una creatività e ad un amore più profondo dentro se stesse.
A che progetti stai lavorando ora?
Sto cercando di entrare anche nel mondo della scenografia. Ho da poco terminato uno stage come assistente ad uno scenografo e ho partecipato a dei progetti teatrali. Mi sono iscritta anche all’Accademia di Brera di Milano e sto facendo un corso propedeutico per iscrivermi a scenografia. Vorrei continuare a lavorare in questo ambito, fare un lavoro che possa darmi da vivere ma anche gioia perché penso che un lavoro creativo dia sempre gioia. Il teatro mi ispira sempre tante altre storie, mi aiuta a capire la società, le diverse realtà, il mondo. Ti permette di avere un orizzonte ampio e ti porta a una grande crescita personale.
Così giovane, così in gamba. Cosa consiglieresti ai tuoi coetanei che vorrebbero intraprendere questo percorso?
Se uno ha la possibilità di perseguire i suoi sogni è giusto farlo. L’artista ha anche un dovere. Attraverso l’umiltà deve sapere che se ha un messaggio da dare deve impegnarsi a trasmetterlo ed essere coerente con se stesso. A volte il fatto economico ti porta a tradire la tua natura. Il lavoro su te stessa ti aiuta a capire quale possa essere uno sbocco lavorativo in equilibrio con la tua arte. E’ importante anche uscire da se stessi e fare altri lavori quando si è all’inizio.
Come stai vivendo questo momento storico così delicato?
Con interesse. Cerco di sostituire la paura con la curiosità nel guardare come questo momento storico possa rendere l’essere umano piùconsapevole. La curiosità di un futuro certamente diverso, qualsiasi forma prenderà. Cerco di stare nell’accettazione, perché è solo grazie all’accettazione che possiamo trovare la libertà. Confinati tra le pareti delle nostre case, stiamo compiendo un viaggio dentro noi stessi, e questo può essere un regalo per conoscerci meglio, per capire che cosa è per noi il valore della nostra vita. Trovare, attraverso questa situazione, la possibilità di essere più grati, così come lasciare lo spazio al sogno, poiché, in un futuro incerto, la capacità di sognare è un modo per rendere più vivo il presente.
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