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La solidarietà, l’accoglienza, il “sentirsi a casa”, il coraggio di affermare i nostri diritti, il desiderio di creare un mondo in cui ci siano uguali opportunità per tutte e tutti sono costanti che fluiscono pacate ma inesorabili come l’acqua di un torrente nei racconti di Laura, Giorgia, Maddalena e Paola. Senza filtri e senza formalità mi hanno raccontato, attraverso il loro vissuto personale, la meravigliosa rivoluzione dal basso innescata da Lean In, un network di donne unite dalla volontà di promuovere una cultura di genere attenta alla parità, sia nella vita personale che in quella professionale, al fine di sostenere e promuovere il rispetto dell’identità femminile. Fondato in California da Sheryl Kara Sandberg, attuale direttrice operativa di Facebook, ad oggi conta quasi 500.000 iscritte in tutto il mondo. Sono i piccoli gruppi di confronto la struttura vincente che muove questo nuovo femminismo moderno. Momenti di ascolto e di dialogo, creatori di un cambiamento lento ma costante che nasce proprio dagli scambi da vita a vita, più attenti e profondi delle grandi campagne mediatiche proprio perché incentrati sul valorizzare ogni singola persona. Un entusiasmo il loro che ha come linfa vitale la straordinaria semplicità di essere se stesse, riscoprendosi e riscoprendo la bellezza dello stare insieme, del crescere imparando l’una dall’altra e includendo anche gli uomini come parte fondamentale e imprescindibile di questo grande movimento perché è solo insieme che possiamo cambiare il mondo.
Come avete conosciuto Lean In e com’è cambiata la vostra vita?
Laura Dell’Aquila: vivo a Roma ma da bambina ho viaggiato per l’Italia con mio padre che era aviatore dell’aeronautica militare. Un cambiamento all’epoca imposto e continuo. Poi nella vita ho imparato che il cambiamento lo devi scegliere, lo deve abbracciare e gli deve andare incontro e magari orientarlo. Il cambiamento è qualcosa di cui non dobbiamo avere paura perché ci da grandi opportunità. Verso i 50 anni ho iniziato a scrivere un blog per conoscere meglio il mondo dei social. Cercando qualcosa di ispirante da raccontare nell’ambito della mia passione che è l’empowerment femminile, nel 2013 ho incrociato il libro “Facciamoci avanti”, in inglese “Lean in”, di Sheryl Sandberg. Ho approfondito e scoperto che aveva fatto un TED talk qualche anno prima sul perché le donne leader sono troppo poche. Quando l’ho letto è avvenuta una sorta di conversione. Sono diventata consapevole che il femminismo si può declinare in maniera più moderna senza togliere nulla alle realizzazioni del femminismo degli anni ’70 e successivi. Sheryl nel suo libro racconta di un movimento dal basso di circoli di auto aiuto sul tema dell’empowerment femminile, un movimento che stava avendo un grande impatto e ho ritenuto che questo modello potesse essere riportato anche in Italia in base alle nostre esigenze e sensibilità locali. Nel 2014 abbiamo quindi fondato il primo circolo di Roma da cui poi sono nati altri circoli in altre zone d’Italia.
Giorgia Li Vigni: il mio approccio è stato più pragmatico che spirituale. Quando ho letto il libro di Sheryl nel 2015 è avvenuta una svolta rispetto alla mia sensibilità sul tema della parità di genere. In quel momento stavo vivendo una forte limitazione e discriminazione sull’ambiente di lavoro rispetto al tema della leadership e quindi dell’essere riconosciuta con un ruolo manageriale di gestione. Io mi occupo di comunicazione digitale e mi sono sempre trovata in ambienti maschili. Il libro Lean In mi ha aperto un mondo. L’avevo conosciuto grazie a una recensione in cui veniva definito come il manifesto del nuovo femminismo moderno. Mi aveva colpito la struttura molto pragmatica suddivisa in capitoli che corrispondono a delle strategie concrete e dei capi saldi per l’attivismo di oggi per la causa femminile. Un paio di anni dopo essere tornata in Italia ho ricevuto la proposta di avviare un circolo on line e l’ho ricevuto come un onore e una responsabilità davvero grande. L’ho accolto come un modo per esercitarmi nella leadership in cui invece venivo limitata sul posto di lavoro.
Maddalena Commisso: sono stata una delle prime insieme a Laura a entrare in questa realtà dopo la creazione del primo circolo. Come spesso succede ci vuole lo zampino del destino. Ero appena tornata in Italia dopo alcune esperienze all’estero ed ero un po’ scombussolata. Non sapevo cosa fare della mia vita. Entrare in Lean In mi ha aiutato a prendere consapevolezza di cosa volevo davvero e di vedere la possibilità di cambiamento nel momento che stavo vivendo. Laura mi ha proposto di ridare nuova vita a un circolo di Firenze che era stato abbandonato. Così ho accettato. E’ iniziato un percorso incredibile. Il ruolo di leadership mi ha dato il senso della possibilità di impatto nella vita di una persona. Obama nel suo libro ha detto “Non si può pensare di cambiare il mondo se non si parte da una persona alla volta”. Io penso che ci sia una grandissima verità in tutto questo. Ed è la nostra forza. Lavoriamo dietro ai riflettori ma è quello che ci permette di fare la differenza per una persona. Ho adottato così un punto di vista diverso, ho posto il dubbio sul fatto che ciò che pensavo fosse normale in realtà forse non lo era. Ho sempre vissuto in questa dinamica dei pregiudizi derivanti dalla cultura patriarcale. Ogni volta che cercavo di parlare, di esprimermi venivo interrotta o punita. Questo mi ha fatto capire che non era sbagliato parlare ma era la dinamica che faceva in modo che la mia voce fosse chiusa in un cassetto a chiave. Ci sono tante bambine, ragazze e donne in tutto il mondo che vivono la stessa esperienza. Lean In quindi mi ha aiutata a prendere consapevolezza di quello che mi stava succedendo dandomi degli strumenti concreti per cambiare il mio percorso.
Paola Zanet: Io lavoro in una banca che si occupa del terzo settore italiano. Ho una grande passione per quello che faccio e quando sono arrivati i miei figli sono stata onesta con mio marito: non starò a casa da lavoro, io non sono questo. Incontrare Lean In è stato un grande aiuto. Ho la fortuna di stare con un uomo con cui condividiamo le stesse idee. Lui cambiava i pannolini, preparava i biberon e ha iniziato a lavorare part time. Io andavo via la mattina e tornavo la sera. Quando mi presentavo al lavoro sentivo di dovermi giustificare del fatto che fossi lì. Non è facile essere orgogliosa di quello che fai senza vergognarti di dirlo perché ti appiccicano addosso l’etichetta della donna in carriera. E ti chiedi: perché è un’accezione negativa se lo fa una donna mentre se lo fa un uomo no? In quegli anni a lavoro mi ritrovavo spesso ad essere l’unica donna durante una riunione. Quando ti accade ti sembra di aver aperto la porta sbagliata ma il poter parlare di questo con altre donne durante i circoli Lean In, donne che si sono trovate nella stessa situazione, mi ha aiutata moltissimo. Lean In mi ha permesso di capire che tutto parte da noi. Sei tu la prima a dover credere di non essere nel posto sbagliato. Uno dei motti di Lean In che mi piace di più è: “Cosa faresti se non avessi paura?”. Ora se sono l’unica donna non mi faccio più tanti problemi e se mi ritrovo in un meeting dove vedo delle donne sedute in un angolino con il pc sulle ginocchia, ora ho il coraggio di fermare la riunione e con il sorriso dire: “Che ne dite se ci allarghiamo e stiamo tutte e tutti al tavolo?”. Senza Lean In non avrei avuto lo slancio di fare queste cose.
Come si svolgono i vostri incontri?
Giorgia: sono luoghi di confronto, di mutuo aiuto, luoghi in cui poter imparare l’una dall’altra. Per ciascun argomento che si affronta viene fornita una “discussion guide” con le attività da svolgere. Ogni circolo finisce con una “One action” quindi ci poniamo l’obiettivo, da quel momento al mese prossimo, di realizzare una determinata azione. Poi le esperienze vengono raccontate nell’incontro successivo. A volte riuniamo tutti i circoli e facciamo degli incontri su tematiche specifiche con personalità esterne. Penso che alcuni dei nostri punti fondamentali siano essere femministe per le donne che non possono esserlo e vedere gli uomini come alleati. Anche il tema delle generazioni future è un caposaldo.
Paola: il bello di Lean In è che da tantissima libertà. Puoi plasmare il materiale in base a come è fatto il gruppo e a quello che serve in quel momento. Per darti un’idea di concretezza facciamo finta che tu sia appena arrivata nel circolo. La prima cosa è farti pescare una “connection card” al cui interno trovi una domanda del tipo: “qual è la cosa di cui sei orgogliosa?” oppure “Raccontaci un obiettivo grande e piccolo che hai raggiunto”, “Se dovessi dare un consiglio a te stessa più giovane quale sarebbe?”. Iniziare un incontro in questo modo è diverso che dire sono moglie, madre ecc…
I materiali di riferimento che usate sono contenuti nel libro o c’è altro?
Laura: Sheryl oltre a scrivere un libro ha anche avviato un progetto sulla parità di genere strutturato e appoggiato dalle più importanti Università americane come Harvard, Berkeley, Standford. Mentre in Italia è sempre stato affrontato in ambito sociologico e solo da poco nelle Università, negli USA i temi inerenti alla parità di genere sono un tema da anni studiato a livello trasversale. Sheryl ha finanziato una serie di ricerche e di studi che l’hanno aiutata a mettere insieme il sito di Lean In veramente ricco di risorse e open source da cui attingere. Il sito è in inglese e per alcune nostre socie è una barriera quindi siamo riuscite a tradurlo e a crearne uno in italiano ma dobbiamo apportare miglioramenti in questo cercando di adattare i materiali di stampo anglosassone alle nostre realtà, ognuna con la sua specificità. Quello che ti accorgi alla fine è che a prescindere dalla traduzione dei contenuti e dalla diversità delle storie, la semantica è sempre la stessa. E’ come parlare un’unica musica, un’unica sinfonia armonica. Altro strumento importante è la possibilità di allenarsi alla leadership. Non devi essere per forza la più anziana o una manager. Chi si assume questo ruolo è una persona che ha deciso di uscire dalla propria area di comfort e che ritiene di avere abbastanza materiale umano su se stessa per diffonderlo ad altre persone.
Quali sono le tematiche che sentite più importanti affrontare in questo momento?
Giorgia: Il motto del circolo che guido è “Essere ambiziose senza chiedere scusa” e questo secondo me è il centro di quello che dobbiamo cambiare come donne ora cioè acquisire il diritto di chiedere tutto quello che ci spetta in quanto esseri umani nella società e quindi rivendicarlo, farci avanti (Lean In appunto), dimostrare i talenti, portare avanti le nostre esigenze nella vita pubblica, privata, lavorativa, senza dover motivare quello che facciamo perché l’ambizione non è una cosa brutta. Io ho vissuto un grande cambiamento personale e questo mi ha aiutato ad individuare il sogno che ho per il mio futuro e per quello della società cioè, e lo spiega Sheryl con una frase, “nel futuro non ci saranno leader donne o uomini, ci saranno solo leader”. Io spero, con quello che faccio, di creare un mondo in cui le bambine di oggi possano avere gli stessi strumenti dei bambini per realizzare se stesse.
Sono coinvolti anche gli uomini nei vostri incontri?
Maddalena: è uno dei modelli possibili. Noi abbiamo l’obiettivo di includerli e di trovare il modo di comunicare questi contenuti anche a loro. Mi rendo conto che ci sono delle questioni di fondo che devono essere riviste nella comunicazione. Alcuni pensano che il nostro sia un argomento di nicchia altri vedono Lean In come un movimento che può togliere i loro diritti. Non ci sono abbastanza dati al momento che ci possano aiutare per far comprendere l’entità e gli effetti delle nostre esperienze a chi non le vive direttamente: dobbiamo lavorare su questo e creare una comunicazione adeguata.
Laura: L’empowerment femminile è un lavoro che facciamo insieme agli uomini. L’esistenza delle barriere che pensavo fossero di sistema come ad esempio pensare che il mondo sia cattivo e che non permette alle donne di fare carriera è vero ma le barriere sono anche interne. Mio figlio ad esempio è sempre stato abituato ad aspettare davanti alla televisione mentre io apparecchio la tavola. A me non costa nulla mettere tre piatti ma per cambiare abitudine ho iniziato a chiedergli: “Mi aiuti a mettere i piatti in tavola?”. Includere gli uomini sarà una novità nei nostri incontri e si parlerà un linguaggio differente però da questo scambio possiamo imparare tanto. Parlare solo tra donne a volte può essere limitante perché poi la conversazione deve essere calata nel mondo reale.
Giorgia: una delle attività attuali che stiamo facendo sono le 50 carte per combattere gli stereotipi. Questo permette agli uomini e alle donne presenti di acquisire la consapevolezza che esistono e quali sono. Gli uomini possono sostenere la causa femminile divenendo consapevoli di queste discriminazioni che a volte sono invisibili e poi acquisire gli strumenti per combatterli. Ad esempio in una riunione in cui una donna viene interrotta frequentemente, una collega o un collega possono alzare la mano e dire “scusate ma voglio ascoltare quello che la collega sta dicendo”.
Paola: lo stereotipo è trasversale. E’ radicato ma è presente sia negli uomini sia nelle donne. Maria Montessori disse che se le bambine hanno la gonna e i bambini i pantaloni è ovvio che la bambine faranno più fatica a giocare ma dall’altra parte perché sgridate un maschio quando piange? Quindi quando le barriere interne, di cui parlava Laura, vengono giù in una persona iniziano a venire giù per tutti. Pensa a un’azienda in cui una ragazza giovane non ha problemi, alza la mano e dice tranquillamente che potrebbe fare lei la capo ufficio. Sarebbe bello allo stesso modo vedere un ragazzo giovane avere lo stesso slancio di fronte a una platea di anziani con più esperienza. Abbattere le barriere permette ai talenti di emergere.
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