Coinvolgente, vivace, dai tratti primitivi quasi infantili che rievocano un’inaspettata bellezza. Un’arte che colpisce, conquista e fa sognare, libera da schemi, vincoli, costrizioni. Un’Art Brut dai toni caldi e folk quella di Nellie Mae Rowe, una donna che per anni non ha potuto rivelare questo suo brillante e innato talento, imprigionato in condizioni sociali ed esistenziali che il tempo, amico e nemico, ha imposto e poi sfilacciato e trasformato. Nata nel 1900 a Fayetteville, in Georgia, Nellie nacque in una famiglia contadina, nona di dieci figli. In giovane età iniziò a lavorare nei campi raccogliendo cotone con suo padre che gestiva una fattoria e arrotondava le sue entrate come fabbro. La mamma invece realizzava trapunte e vestiti. Due mestieri artigianali, vicini alla creatività che Nellie scoprì amare fin da piccola. Nonostante fosse per lei difficile trovare il tempo per coltivare le sue passioni appena poteva creava bambole e disegnava. Il lavoro nei campi era doloroso, mal retribuito e poco dignitoso e così dopo la quarta elementare per scappare da questa vita si sposò con un ragazzo più grande di lei, Ben Wheat. Nel 1930 la coppia seguì i parenti di lui e si trasferirono nella zona rurale di Vinings. Se all’inizio il matrimonio era apparso a Nellie preferibile al lavoro sul campo presto si rese conto che la vita in fattoria era probabilmente meglio della vita da moglie e da casalinga. Quando pochi anni dopo Ben morì, Nellie rimase a vivere con i parenti per circa un anno fino a quando si risposò con un vedovo del posto, molto più anziano di lei, Henry Rowe. Quando poi anche lui morì nel 1948 per la prima volta Nellie si ritrovò libera, senza dover rendere conto a nessuno. Era stata una bracciante sui campi poi moglie e domestica ma non aveva mai avuto il tempo di dedicarsi a se stessa, di scoprire la sua identità. Ora aveva la possibilità di immaginarsi in ruoli che non fossero già predefiniti da qualcuno o imposti dalla società.

Avevo circa sedici anni quando sono scappata e mi sono sposata. Sarei dovuta rimanere a casa. Sarei stata meglio. Poi vengo qui e mi sposo di nuovo, Henry Rowe. Ho vissuto una buona piccola vita, e dopo la sua morte, ho detto: “Non sto più scherzando”.
“Non scherzare più” significava stabilire un’identità per Nellie Mae Rowe. Ha riconosciuto la spensierata qualità dell’infanzia, la libertà di creare, improvvisare e suonare, come ingrediente necessario per il suo rinnovamento” ha scritto su di lei il curatore d’arte William Arnett.
http://www.soulsgrowndeep.org/artist/nellie-mae-rowe
Dopo la morte del secondo marito trasformò la sua casa in uno spazio per i giochi decorato con i più svariati oggetti che metteva nel giardino anteriore del cottage in cui viveva. Bambole a grandezza naturale e sculture fatte con tessuti, fili e chewing-gum che spesso le rubavano, siepi modellate a forma di animale. Era un’artista autodidatta con la predisposizione a comprendere istintivamente la relazione tra forma e colore. Nel ricordare i giorni più felici rievoca “una bella roccia o un bel fiore o un vecchio piatto rotto”. Quello che trovava e che la ispirava lo riutilizzava come elemento per dare vita alla sua “casa dei giochi”.
Il suo cortile si affacciava su un’importante zona residenziale di Atlanta vicino ai quartieri più esclusivi della città, abitati dai bianchi. Questo non le impedì di esprimere liberamente la sua creatività. Sempre più consapevole di chi fosse iniziò a dare ampio sfogo a ciò che nell’intimo aveva sempre sognato di fare: disegnare e creare sculture.

Sempre nell’articolo pubblicato sul sito della Fondazione Souls Grown Deep il curatore d’arte Arnett racconta che il disegno della Rowe ebbe un’evoluzione lenta. La maggior parte delle sue opere negli anni Sessanta e Settanta consisteva in poco più di una singola immagine, probabilmente simbolica: una mano, un pesce, un animale, un volto umano o una figura non abbellita. Arnett nota che la sua visione, l’ambizione, l’abilità e la complessità del suo lavoro si sono ampliate durante gli ultimi quattro anni della sua vita. In quel periodo Judith Alexander, stretta amica di Nellie e mercante d’arte, organizzò molte mostre con i suoi lavori contribuendo ad accrescere la fiducia nel suo talento e l’entusiasmo di produrre opere. Il pubblico iniziò ad apprezzarla. Nel 1981 le fu diagnosticato un cancro terminale e l’anno dopo morì. In quel periodo la sua produzione artistica raggiunse l’apice. La consapevolezza di non avere un tempo indefinito ma anzi molto ristretto da vivere spinse Nellie a voler sviluppare pienamente la sua produzione artistica. Riflettere sulla morte diede ancora più significato alla sua vita. Rowe, ora riconosciuta come una delle artiste folk più importanti, ha lasciato un patrimonio artistico di eccezionale bellezza. Il suo lavoro oggi è esposto in numerose collezioni, tra cui l’American Folk Art Museum di New York, l’High Museum of Art di Atlanta, in Georgia, il Milwaukee Art Museum di Milwaukee, nel Wisconsin, il Museo di Arte Popolare Internazionale a Santa Fe, New Mexico, lo Smithsonian American Art Museum di Washington, il Centro Schomburg per la ricerca nella cultura nera a New York City e lo Studio Museum di Harlem.
Le sue opere che si concentrano sulla razza, il genere, la domesticità, il folklore afro-americano, le tradizioni spirituali, l’infanzia, il simbolismo dai vivaci colori e dalle forme primitive, ipnotizza per il suo calore. La mano di Nellie, il suo tocco, traboccano di una rara e inusuale umanità, di un animo autentico, libero dalle catene del pregiudizio, dello stereotipo, un animo che abbraccia ogni tempo. Guardare i suoi quadri da gioia e respiro al cuore e offre la possibilità di riflettere sulla meraviglia di esprimere pienamente la propria unicità.

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