Le parole scorrono libere, sincere, alleggerendo i cuori. Un dialogo, quello tra me e Marta Jorio, inatteso. Così come inatteso è stato l’incontro tra i nostri sguardi, la prima volta. Un giorno passeggiando verso altre mete ho scoperto la sua arte attraverso la vetrina dell’atelier Officina Margherita di cui fa parte, in via Santa Margherita 14/A a Bologna, un’arte che spiazza per la multiforme espressività genuina e quasi inafferrabile. Tutto questo ha lasciato spazio a uno scambio diverso dalle solite interviste. La nostra chiacchierata prende forma a partire da riflessioni, racconti, idee per poi addentrarsi in confessioni più intime che rivelano la nostra comune essenza, il coraggio di essere noi stesse senza omologarsi a ciò che l’esterno impone. L’arte di Marta ti accompagna in un percorso interiore che risveglia la parte più pura, disarmata, fanciullesca che è in te. Non puoi coglierla con la mente, con preconcetti, con schemi definiti, puoi solo osservarla, seguirne il flusso e divenirne parte.
Le tue opere sono piene di colori, di natura, di posti esotici e trasmettono quanto il tuo percorso sia stato denso di studio e di continuo approfondimento.
Sì, mi sono laureata al corso di pittura dell’Accademia di Belle Arti poi, dopo aver girato l’Italia, e la Spagna, nonostante avessi il sogno di studiare in Giappone, sono andata a vivere per alcuni anni in Messico, dove il mio compagno si era trasferito per lavoro. A Oaxaca una città di artisti e di arte piena di librerie, biblioteche, workshop, atelier, ho lavoravo in uno studio di incisione dove ho imparato tanto anche per quanto riguarda la tessitura. Hanno una relazione molto forte con il mondo antico e la manualità in tutte le discipline. Anche quando ti impacchettano qualcosa usano le foglie di banana o carta di giornale. Attingono alle risorse che hanno lì. Quando sono tornata in Italia sono andata a vivere a Palermo e ho lavorato per una galleria no profit che si occupava di arte e architettura. Sono poi stata selezionata dalla Bologna Children Book fair per alcune mie illustrazioni e l’incontro con la casa editrice Topipittori editori ha dato vita a Cicale, l’autobiografia scritta e illustrata della mia infanzia. Nel frattempo ho lavorato come fiorista per tre anni. Adesso ho il mio brand, Marta Jorio, e con alcuni soci abbiamo aperto questo atelier dove disegno e produco tessuti stampati a mano e ceramiche in serie limitata, pezzi unici. Questa per esempio è una super eroina, la donna Tigre.
A cosa ti sei ispirata?
Sono personaggi mascherati che vengono sicuramente dal mondo dei lottatori messicani che amo molto e che sento molto vicino. Potrei raccontartene mille di storie ma la realtà è che le cose vengono fuori come se cercassi ad occhi chiusi. È un immaginario mischiato. La stanza che gli ho creato con pavimento e decoro sono oggetti di ceramica e di design che mi piacciono e che quindi introduco in questi scenari. Mentre dipingo ho bisogno di saltare in altri ambiti. Se faccio una tenda devo anche cucire, fare un vaso. Mi piace andare dentro le cose in varie dimensioni. E mi piace che le cose abbiano un aspetto “crudo”, grezzo.
È molto affascinante perché si vede la tua impronta. Non ricercare la perfezione ma l’umanità dell’imperfezione che la mano inevitabilmente crea. I difetti e le differenze che rendono quell’oggetto e la persona che l’ha fatto riconoscibili e per questo unici.
“L’indeterminatezza è il mio forte” diceva Turner. La sento molto mia questa frase. Faccio grandi muri con pattern, tutti a mano, e sono bellissimi, sono imperfetti. Prima facevo fare piatti e vasi da un vasaio e venivano lineari. Magari li vendevo di più ma non mi appartenevano. La ceramista che mi affiancava mi fece notare che dovevo essere più aderente alla mia personalità. È stato in quel momento che le ho chiesto di insegnarmi a fare i calchi, a lavorare la terra in maniera cruda, a tagliare i bordi senza rifinirli, a lasciarli più grezzi. Uno stile che qui in Italia fa più fatica ad essere capito ma che è il mio modo di lavorare.
Visto che ti piace spaziare su più piani espressivi cos’altro realizzi attraverso la tua arte?
Amo i foulard dove stampo le mie illustrazioni. Ne ho fatti una serie con fuochi d’artificio, natura selvaggia…. E poi essendo appassionata di Giappone ho una predilezione per i noren. Sono tutti cuciti e realizzati a mano grazie anche all’aiuto di mia madre che è sarta. Ne ho fatti con sopra raffigurato il soffione, il fiore dell’infanzia, oppure con dolci e coltelli, forme che trovo particolarmente belle. Guardo sempre all’estetica, a quello che mi incuriosisce, che mi da perturbazione.
Il titolo della tua ultima mostra non a caso è Talea.
È la parte di una pianta capace di emettere radici e quindi di rigenerarne di nuove. È una moltiplicazione vegetativa. Per me significa dire che da una cosa ne nasce un’altra, è prolifica così come il mio lavoro che è in continua germogliazione.
Quello che mi trasmetti è proprio in assonanza con Bloom as you are. Far sbocciare la nostra identità per quella che è. So che però non è facile riuscire ad essere pienamente se stesse e al contempo trovare il proprio posto nel mondo.
Credo che la meditazione mi abbia molto aiutato così come tante altre esperienze positive e negative. Adesso tendo ad essere più fluida. Ho lasciato andare tutta quella roba che non mi serviva. Da due anni questo punto è ben chiaro. È stato un periodo in cui mi sono spesso chiesta che senso avesse tutto ma da quando ho deciso di mostrarmi per quella che sono, incontro sguardi che prima non incontravo. È chimica, non riesco a spiegarmela in altro modo. Prima viaggiavo continuamente per cercare gallerie e diventava estenuante. Ora sono qui e voglio stare qui come base del mio lavoro. Ho i miei foulard, le mie opere… Fare quello che faccio mi da una gioia molto semplice, infantile, una gioia che annulla tutto il resto. Quando creo non esiste più niente. A volte mi sono chiesta che senso avesse portare avanti tutto questo in mezzo a quello che stiamo vivendo nel mondo. Poi ho compreso che quello che faccio è necessario.
C’è bisogno di bellezza, di gentilezza, di delicatezza e soprattutto di gioia per trasformare ciò che ci circonda. Una persona che prende in mano il tuo foulard sente questo piacere che tu stessa hai provato. La tua arte genera azioni di pace.
Tutto questo è considerato dalla massa inutile non essendo un bene primario di consumo eppure è un’inutilità fondamentale.
È il concetto di utilità stesso che va rivisto. Se una cosa ti nutre l’anima, è più che utile.
Eppure, ci sono ancora tante persone che continuano a comprare fast fashion, oggetti che non hanno una storia, un valore. Oggetti di consumo di massa.
Penso che tutti abbiamo un animo fine, in grado di cogliere l’essenza, la meraviglia delle cose. Il problema sono le abitudini che abbiamo. La società offre tanti input dannosi. Se ci dirigiamo solo verso di essi è difficile riuscire ad allenare la parte luminosa di noi. Però noi con l’arte, la scrittura, con contenuti di valore, possiamo stimolarla.
Un ragazzo di 19 anni, macellaio, un giorno è passato di qui. Mi ha detto: “Non ho studiato, non so niente di arte, però questo posto è speciale”. Quello che dici ha un senso, è vero. Ci sono degli animi vivi che riconoscono la bellezza ma va sollecitata.
Dipende questa sovrastruttura se la combatti o se la vivi passivamente. Dipende se decidi di nuotare controcorrente come la carpa e quindi di diventare drago oppure ti lasci trascinare dalla corrente.
Quella della carpa è la mia vita e anche la tua e di chi vuole fare qualcosa in risonanza con quello che è. È difficile essere outsider. Però è una vita autentica. La mia comunità è meravigliosa. Le persone che ho deciso di avere intorno a me sono meravigliose. Ed è meraviglioso anche il sostegno di fare insieme.
Dobbiamo portare arte, bellezza, natura dentro i luoghi, risvegliare la sensibilità nelle persone.
Se in un ufficio ci fosse una grande pittura sul muro, un tatami per terra per sdraiarsi ogni tanto come in Giappone, una pianta enorme… Per far stare bene le persone. Perché dobbiamo stare tutti così rigidi, stare così male?
A volte c’è un’aridità, un cuore così secco… con quel cuore come fai a prendere delle decisioni a beneficio delle persone? Non hai la predisposizione giusta. Più alimenti questa cosa più si inaridisce. Il non definito della tua arte porta una grande definizione.
Porta a stare vicino a un lato che io preferisco delle cose, alla loro natura più vera.
E la maternità quanto ti ha influenzata?
Mi ha fatto comprendere che ci vorrebbe più conforto. Se in un punto cruciale della tua vita trovi lo sguardo di una persona che ti conforta, questo può cambiare le sorti della tua esistenza. Durante un esame un prof che conosco disse a una sua alunna in prenda al panico: “Tu adesso ti calmi, ti fai un giro e torni. Questo esame non lo puoi perdere e so che tu risponderai bene”. Lei si è fatta un giro, è tornata e ha passato l’esame. Se tu non trovi una persona confortevole nei momenti cruciali della vita tutto può andare male. Allora penso sia fondamentale l’accoglienza. Creare qualcosa di calmo, di profondo. Io adoro il colore rosa. In ogni cosa che faccio c’è del rosa. In tutto. Un rosa antico, molto carnale. È un colore che mi trasmette tranquillità, profondità.
E nel futuro cosa vedi?
Mi piacerebbe continuare a fare quello che faccio, ancora di più. Ricominciare a viaggiare lontano, misurarmi con altri mondi. Continuare ad imparare sempre e studiare.
Marta ha tanti libri nel suo Atelier e le chiedo di sceglierne alcuni che la rappresentano di più.
- Grabados Japoneses. Racchiude la grafica giapponese, la sua pulizia e insieme la sua ricchezza di forma, colore e linea. Un libro sulle incisioni giapponesi che mi ha regalato il mio compagno perché lui è sempre stato un grande sostenitore della mia arte. Sarei voluta andare in Giappone a Kyoto dove insegnavano queste tecniche poi invece le ho imparate in Messico.
- L’abito della rivoluzione. Lo scelgo perché è tutta la storia dei Pattern della rivoluzione. Un gruppo di donne che hanno deciso di staccarsi da una rappresentazione istituzionale e hanno creato questi motivi geometrici all’avanguardia e che hanno riaperto e attivato in Russia delle industrie tessili. Erano modelli che rappresentavano la modernità.
- Sonia Delaunay. Faceva tantissime cose che anche io faccio. Quilt e designer tessile per la moda, pittrice, aveva un atelier a Parigi dove vendeva le sue produzioni. Creava di tutto. Quello che faceva all’epoca era considerato arte minore e invece era straordinario. Il suo Atelier si chiamava Atelier simultaneo. Faceva vestiti, tessuti, pitture, teatro…
- Endorfina Librida. Questo libro l’ho fatto io con la Casa Editrice Edizioni Precarie a Palermo. E’ stampato su carta riciclata presa dai mercati, impressioni su carta create con ortaggi, reti da pesca, pinne di pesci. E’ riuscita a creare un mondo partendo dalla spazzatura dei mercati di Palermo.Per realizzare questo libro abbiamo immaginato dei pattern del fondo marino e quindi evocato la storia di Annette Kellermann una performer acquatica degli anni 20 con una biografia incredibile. Ne è venuto fuori un libro quaderno stampato in serie di 50 pezzi.
- Ocean Noir. Un libro sui Quilt africani. Una sorta di bandiere con applicazioni di tessuti sagomati e colorati che raffigurano storie, miti, simboli.
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