Azioni di cura, collaborazione e resilienza. Azioni di pace. Azioni che donino speranza, forza, coraggio. Azioni di poesia e di umanesimo. Azioni dove l’arte e la creazione portino quella bellezza in grado di risvegliare gli animi ai valori essenziali per poter ristabilire al centro della nostra società il rispetto assoluto per la vita, in ogni sua preziosa e unica forma. Questi e tanti altri i temi affrontati durante l’evento Solo una Terra che in questi giorni si sta svolgendo nel pittoresco scenario di Palazzo Segni Masetti a Bologna. Designer, docente, da poco Consigliera Nazionale AIAP e mia cara amica, Fabiana Ielacqua ne è l’organizzatrice. Con la sua energia travolgente e profonda professionalità, insieme all’associazione Viva il Verde, ha dato vita a un evento capace di tessere dialoghi tra i più svariati ambiti disciplinari per riflettere insieme sull’immenso valore che possiamo creare attraverso ogni forma espressiva se mossi dal desiderio di generare un cambiamento positivo che si diffonda a tutta l’umanità.
Com’è iniziata la tua carriera come designer?
Parallelamente ai mei studi universitari ho avuto la fortuna di applicare sul campo quello che studiavo e quindi mi sono molto presto dedicata a lavori a progetto. All’epoca non mi sentivo all’altezza di poter diventare una designer ma oggi riconosco di essere riuscita a fare della mia passione il mio lavoro senza rimanere nell’ombra. Quello che più amo di ciò che faccio è la possibilità di poter cambiare ogni volta ambito progettuale. Conoscere tematiche e persone nuove, così come metodi nuovi e portare un miglioramento, oltre che mio professionale e umano, anche nella società.
Quali sono le figure che più ti hanno ispirata?
Sicuramente mia madre anche se non l’ho mai conosciuta. Avevo 10 mesi quando è morta ma ciò che so di lei mi ha sempre ispirata. Era una Dottoressa, aveva scelto una professione attraverso la quale portare benessere alle persone. Leggendo e studiando ho imparato che anche il designer può fare questo, migliorare la vita degli altri. Ho quindi cercato di far emergere i miei talenti e le mie passioni affinché potessero essere rivolti a questo scopo.
E nel mondo del design chi consideri i tuoi mentori?
Sono state fondamentali due figure alle scuole Superiori dove ho fatto grafica pubblicitaria. Uno di loro oggi non c’è più. È Celestino Colombero colui che ha fondato il polo tipografico di stampa dell’Emilia-Romagna. Poi ci sono stati i designers che ho conosciuto sui libri di università, in primis Albe e Lica Steiner, che mi hanno mostrato quanto un progettista grafico possa contribuire alla libertà e alla cultura, al poter costruire un libero pensiero. Mi hanno insegnato che il progettista deve essere coraggioso, non un venditore di fumo, deve prendersi una responsabilità in relazione a ciò che comunica. E la cosa che mi è piaciuta tanto di loro è che sono stati dei pionieri perché hanno fatto comunicazione grafica nel periodo della Seconda guerra mondiale quindi con tutte le criticità e restrizioni che ci potevano essere. Nel periodo dell’Italia fascista si sono prodigati nel diffondere che cosa fosse la storia. Sono persone che venivano private di ogni libertà e lo hanno raccontato attraverso l’editoria. Mi piace che siano stati educatori. Mi sono rispecchiata in loro anni dopo quando sono arrivata ad esserlo anch’io. La loro vita per me è stata la prova che quella strada potesse essere percorribile.
Il designer che ruolo ha per sensibilizzare oggi ai temi della sostenibilità?
C’è ancora tanta strada da fare. Vorrei fosse svincolato dalle etichette di marketing e della moda inteso come qualcosa che va di moda. Mi piacerebbe che la capacità di pensare, perché è questo che fa in primis un designer, possa essere portata in qualsiasi ambito. Di fatto anche il mio ruolo di docente va in parallelo con questa professione, quindi posso trasmettere contenuti legati alla sostenibilità su più piani espressivi. Se non ci sono conoscenza e educazione non si può parlare davvero di educazione. Devono camminare e sostenersi insieme.
Come nasce il progetto Solo una Terra?
Dal desiderio di raccontare, attraverso il design della comunicazione, delle visioni, delle interpretazioni di che cos’è la terra oggi. Terra intesa non solo come ambiente fisico ma inteso come persone, scelte, consapevolezze. Di fatto si è creata una bella sinergia con tante realtà del territorio come l’associazione Viva il Verde, e da lì ho pensato, come ambasciatrice AIAP dell’ER, in sinergia con il Direttivo, di veicolare una call progettuale su questo tema, rivolta a tutti e tutte le socie a livello nazionale, compresi i soci delle scuole, proprio per permettere ai potenziali futuri e future progettiste di sperimentare e manifestare il proprio pensiero, in corrispondenza a una tematica che non possiamo non considerare. E di usare lo slogan legato al 50esimo anniversario della giornata mondiale dedicata all’ambiente come strumento per comunicare con più persone possibili. Se con questa azione siamo riusciti ad arrivare anche a un solo cuore è già tantissimo. La scelta e l’organizzazione l’ho curata io e il filo conduttore è stata la valorizzazione delle realtà locali. Quindi sono state invitate realtà che si occupano di giornalismo, archivio manifesti, di arte, gallerie, aziende, realtà accademiche, tutte accumunate dalla cura che mettono nel loro lavoro. Ho inoltre deciso di dare attenzione importante alle figure femminili quindi l’80% del parterre sono donne. Non è stata una scelta femminista ma una valorizzazione del loro impegno.
Che sensibilità c’è tra le giovani generazioni rispetto alla sostenibilità?
Da un lato la danno per scontata nel senso che per loro è un problema che c’è, un problema reale quindi possiamo porre l’attenzione su di esso continuamente ma loro ne sono già consapevoli, sono la generazione cresciuta con queste tematiche. Da un lato proprio perché le danno per scontate, talvolta non ne sono più toccati. Principalmente perché vengono comunicate come tragedie irrimediabili che tolgono speranza e infondono un senso di impotenza. D’altra parte, ci sono tante realtà che si stanno impegnano a far emergere la bellezza dalla bruttezza, far emergere il diamante da una situazione di crisi. E sentir parlare di sostenibilità oggi attraverso il giornalismo costruttivo, positivo, come abbiamo affrontato nella seconda giornata insieme a te, un giornalismo che educa a comportamenti virtuosi senza innescare ansie e paure, questo approccio per loro è assolutamente nuovo. Il nostro compito è riuscire a coinvolgerli in progetti concreti, aiutarli ad incanalare la loro energia che è molto forte e portatrice di soluzioni positive e creative. In questo modo riescono a capire che possono sentirsi parte del cambiamento.
Secondo te si riuscirà a realizzare un mondo sostenibile?
Sì se riusciremo ad avere il coraggio di essere persone sostenibili quindi se avremo il coraggio di fare pace con i nostri demoni interiori, le nostre tendenze negative o auto distruttive. Se avessimo il coraggio di trasformarle questo porterebbe un cambiamento anche nel nostro ambiente esterno essendo un riflesso di ciò che accade dentro di noi.
In quanto comunicatrice, oltre al cambiamento individuale, che cosa dovremmo cambiare secondo in te dei legami umani per realizzare questo tipo di futuro?
Questo cambiamento individuale è il motore di tutto. Dobbiamo far emergere il coraggio di essere dei Budda di assoluta libertà cioè avere il coraggio di esprimersi senza la paura di una critica o di un rifiuto, sia a livello professionale che personale. E avere il coraggio di coltivare tutte le sfere del quotidiano. Non chiuderci solo nel lavoro, nelle relazioni amicali o di coppia ma esserci in più ambiti e, come insegnano le piante, avere anche la capacità di rispettare i tempi dell’altro/a dove magari a volte le comunicazioni sembrano interrotte e sono solo in stand by. Ci vuole del tempo a quel seme di schiudersi in maniera naturale. A tutte le azioni di dialogo di fiorire nel tempo giusto.
I tuoi progetti per il futuro?
Mi piacerebbe continuare a conoscere, a realizzare sinergie, collaborazioni con diverse realtà, dialogare anche con istituzioni. Vorrei inoltre contribuire a far conoscere l’archivio AIAP valorizzando sempre di più il Centro di Documentazione del Progetto grafico che abbiamo a Milano. Inoltre, dialogare con Mur e Miur in modo da sostenere la cultura attraverso l’apertura a maggiori percorsi di dottorato, dando più spazio alla figura progettista. Continuare a progettarmi anziché essere progettata. Infine, vorrei collaborare con sempre più brand di moda per realizzare visual e foulard che possano diffondere messaggi culturali di pace, rispetto della dignità della vita e bellezza. Penso infatti che la bellezza salverà il mondo solo se saremo in grado noi di salvarla.
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