Arriva immediata la profonda e gentile umanità che i suoi gesti e i suoi occhi, grandi e luminosi, emanano. Ascolto e osservo Maura Jasoni, artista italiana dall’illustre carriera, con grande ammirazione. La sua capacità di mettere a proprio agio, di creare vicinanza con l’interlocutore è innata così come il suo immenso talento ripercorso quest’anno da due grandi mostre realizzate in occasione dei suoi 50 anni di carriera artistica. Una celebrazione iniziata con un’esposizione alla Fortezza Firmafede di Sarzana a luglio, per poi spostarsi nel Complesso del Baraccano di Bologna dal 9 al 24 settembre dove sono state allestite litografie, acqueforti, acquetinte che toccano vari temi a lei cari, in particolare quello della natura morta e della donna oggetto. Ed è proprio quest’ultimo argomento legato al femminile a divenire lo sfondo della nostra conversazione, quegli anni 70 dove i movimenti femministi hanno visto la loro piena fioritura, un periodo in cui Maura ha iniziato a raffigurare volti e corpi di donne in un modo mai visto prima nella sua arte, forme che sollevano riflessioni, spunti importanti per comprendere meglio sia la sua carriera che la nostra storia.
Cosa ti ha spinta a diventare un’artista?
Non potrei dire che ci sia una ragione precisa. Fin da bambina ho amato la pittura e il disegno e ho cercato di perseguire quello che mi piaceva fare, ciò che mi veniva meglio. È stato tutto molto spontaneo ma inizialmente ho avuto delle difficoltà. Avrei voluto subito studiare arte ma non è stato possibile, la famiglia me lo impedì. Poi piano piano sono riuscita nel mio intento.
Di recente hai esposto le tue opere a Bologna nel complesso del Baraccano, tra di esse ci sono corpi femminili che sembrano dilatati, quasi immobilizzati, una rievocazione della donna oggetto, tema al centro dei movimenti femministi. Come mai hai deciso di raffigurare la donna in questo modo?
In quel periodo ho proposto il corpo femminile con insistenza in molte dimensioni. Credo che fosse la mia voglia di esprimere qualcosa di più che solo una rappresentazione. Quelli che hai visto sono corpi deformati oppure esaltati nell’aspetto piacevole, corpi in cui sono evidenti le restrizioni vissute dalle donne in quel periodo, quindi corpi che rappresentavano quei conflitti e quelle limitazioni. Nastri, nodi sono tutti elementi presenti anche nelle mie incisioni.


C’è poi un passaggio in cui elimini un ornamento fondamentale, i capelli.
Il risultato è stato quello di sottolineare ancora di più la femminilità. Ho cercato di accentuare gli elementi degli occhi e della bocca. In questo modo i volti sono diventati ancora più espressivi.
Tornando al periodo storico. Essere femminista significa anche lottare per il diritto di essere noi stesse, di non doverci omologare a stereotipi. Ad oggi in quanto artista e donna, arrivata a 50 anni di carriera, senti questa libertà?
Sento di poter essere libera dagli stereotipi perché le cose sono molto cambiate rispetto al passato. La mia libertà oggi è rappresentata dall’esperienza, dal metodo di lavoro e dalla ricerca introspettiva. I miei limiti oggi sono quelli che mi pongo da sola, sicurezze consolidate da metodo ed esperienza.
Un altro aspetto interessante della donna in relazione alla storia dell’arte è la difficoltà di mettere in luce la storia di artiste che spesso sono rimaste nell’ombra.
La presenza di artiste oggi è viva ma in passato è stata molto limitata. Su questo argomento sviluppai la mia tesi. Scoprii che le fatiche enormi che abbiamo dovuto fare per affermarci sono presenti in tutte le epoche fino ad oggi. Solo di recente abbiamo iniziato a parlare di più delle donne artiste nella storia. Oggi il discorso è cambiato e spero cambierà ancora. Quando non si conteranno più avremo fatto un passo in avanti.


Quando entravi in bottega qual era il tuo rapporto con gli altri artisti uomini?
Loro mi hanno permesso di rapportarmi in un modo fluido, amichevole, quindi di apertura ma non c’è mai stata una considerazione adeguata a livello professionale. All’epoca non ero antagonista ma solo amica. Dopo tanto tempo, ora mi si riconosce un mestiere e una capacità tecnica.
Sei andata avanti comunque con grande coraggio.
Ad un certo punto affari loro. Tra artisti ci sono gelosie e si esprimono. Però le gelosie verso di me erano poche e non erano antagoniste.
Paradossalmente in questo caso la gelosia era auspicabile attirarla.
Infatti, per me non è mai stata un problema.
Di fronte a tutti questi ostacoli come sei riuscita ad andare avanti e a non mollare?
Non è che ti chiedi se puoi andare avanti oppure no. Ci vai perché fa parte di te. Non mi sono mai domandata se smetterò e quando. Non è una decisione, è come sono le cose.
Alle giovani donne che si stanno approcciando ora al mondo dell’arte cosa consiglieresti?
Di non considerare mai scontata una conquista fatta perché le conquiste vanno mantenute. Mi sono molto meravigliata dei passi indietro che abbiamo fatto di recente rispetto ai diritti delle donne. Per quanto riguarda la carriera vorrei dire che se ci sono dei talenti vanno perseguiti. E’ un dovere e non solo un piacere fare al meglio quello che si desidera fare, per noi stessi ed anche per gli altri.


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